Una subpopolazione di astrociti è implicata nella malattia di Norrie

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 06 aprile 2019.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La malattia di Norrie è una patologia genetica grave e rara, legata al cromosoma X, con madri portatrici non affette per compenso (lyonizzazione) e figli maschi colpiti, che presentano cecità dovuta a una malformazioni retiniche spesso espresse da una massa sporgente nell’iride (pseudoglioma), ritardo dello sviluppo psicomotorio con esito in deficit cognitivo, e successivo sviluppo di sordità. La causa è attribuita a mutazioni nel gene NDP[1], sito nel locus genico Xp11.3, e codificante il polipeptide Norrin. L’interesse della ricerca si è concentrato sullo studio di questa proteina, Norrin (o “norrina”) che, nelle portatrici e negli affetti, è mutata con deficit funzionale o difetta per delezione (15%) totale o parziale, causando sintomi neurologici (epilessia), psicomotori, psicosensoriali, cognitivi e comportamentali più gravi.

Il modo in cui la mutazione genica determina il danno delle popolazioni cerebrali, e corticali in particolare, non si era finora compreso, ma uno studio condotto da Sean J. Miller e numerosissimi colleghi coordinati da Jeffrey D. Rothstein, ha individuato la chiave per la comprensione in una subpopolazione astrogliale corticale.

(Miller S. J., et al. Molecularly defined cortical astroglia subpopulation modulates neurons via secretion of Norrin. Nature Neuroscience Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-019-0366-7, 2019).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurology, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA); Brain Science Institute, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA); Cellular & Molecular Medicine, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA); The Center for Nanomedicine, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA); Department of Biological Sciences, Columbia University, New York, NY (USA); Solomon H. Snyder Department of Neuroscience, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA); Department of Biomedical Engineering, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA); Department of Psychiatry, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA); Children’s Hospital of Philadelphia, University of Pennsylvania, Philadelphia PA (USA).

Prima di esporre in sintesi i contenuti dello studio qui recensito, si propone un breve richiamo biografico allo studioso che ha per primo descritto clinicamente questa rara malattia genetica, e poi, di seguito, si riporta una sintesi concettuale dei principali ruoli fisiologici dell’astroglia.

Gordon Norrie (1885-1941), medico, chirurgo ed oftalmologo danese di origine scozzese, nacque ad Helsingør[2], la città sull’isola di Sjælland dove William Shakespeare ambientò l’Amleto, compì gli studi di medicina presso l’Università di Copenhagen e sposò Charlotte Harbou, che contribuì alla fondazione dell’infermieristica moderna. Dopo la formazione chirurgica, si dedicò all’oftalmologia, specializzandosi nello studio della cecità. Nel 1927 descrisse per la prima volta, con la definizione latina di atrophia oculi congenita[3], una sindrome caratterizzata da gravi malformazioni retiniche, cataratta e leucocoria con atrofia dell’iride, successivamente definita con l’eponimo sindrome di Norrie o displasia oculo-acustico-cerebrale, attualmente in nosografia come malattia di Gordon Norrie. Si ricorda che è nozione consolidata che la proteina Norrin induca una segnalazione che regola lo sviluppo vascolare della retina dei vertebrati e controlla importanti vasi sanguigni nell’orecchio.

Dei tre tipi cellulari principali della glia, ossia astrociti, oligodendrociti e microglia[4], le cellule astrogliali sono quelle con il maggior numero di funzioni fisiologiche studiate. Negli ultimi due decenni la gliotrasmissione astrocitaria, ad esempio, si è andata delineando come un fenomeno complesso e differente dal semplice “risuonare delle reti astrogliali all’attività dei neuroni, seguendo le onde di propagazione delle concentrazioni del Ca2+”, e si configura in varie tipologie, inclusa una vera e propria attività individuale di rilascio del neurotrasmettitore (glutammato) per segnalare alle cellule circostanti provviste di recettori specifici, sia pure con tempi molto diversi da quelli dei neuroni.

Gli astrociti hanno un ruolo nella formazione delle sinapsi tra neuroni, come era stato da tempo suggerito dalla presenza di un processo astrocitario nel 60% delle sinapsi ippocampali dei roditori. Le prime osservazioni sulla correlazione temporale fra la genesi degli astrociti e la comparsa delle sinapsi nell’embriogenesi del sistema nervoso centrale, ha dato l’avvio alla ricerca che ha dimostrato il ruolo di queste cellule gliali nell’indurre lo sviluppo sinaptico in numerose classi di neuroni, individuandone i meccanismi molecolari. Attualmente si può affermare che l’astroglia influenza la struttura sinaptica, interviene nel processo di eliminazione delle sinapsi ed è essenziale per la loro stabilità nel corso della vita.

Difficile da sintetizzare il ruolo degli astrociti nella migrazione dei neuroni e nella guida dell’assone durante lo sviluppo; qui si ricorda soltanto che le cellule astrogliali costituiscono vere e proprie vie per la crescita degli assoni in vivo, e che sono presenti e attive nei punti di scelta e decisione durante i processi evolutivi. La formazione e le funzioni della barriera emato-encefalica sono possibili anche grazie al contributo di questa classe di elementi gliali. Gli astrociti hanno poi un ruolo prezioso nel controllo dell’ambiente ionico extracellulare e nella regolazione del volume di tali spazi. Tra i campi di ricerca sulla glia più attraenti vi è senza dubbio quello dello studio della sintesi e della rimozione dei neurotrasmettitori a struttura aminoacidica, ossia glutammato, aspartato e glicina[5]; processi che hanno nell’astrocita un protagonista di primo piano.

Gli astrociti sono poi importanti nella gestione del glicogeno e del metabolismo energetico, nella regolazione del controllo neurovascolare, nella modulazione della funzione sinaptica e delle reti neuroniche cerebrali, nella neurogenesi adulta e nella modulazione dei sistemi neuroendocrini.

Nonostante il continuo accrescersi delle conoscenze sul ruolo dell’astroglia nella regolazione della funzione neuronica, poco ancora si sa dei sottogruppi regionali o funzionali degli astrociti cerebrali e delle loro modalità di interazione con i neuroni. Sean Miller e colleghi hanno usato un frammento promotore astroglia-specifico in topi transgenici per identificare un sotto-insieme, definito anatomicamente, dell’astroglia della materia grigia del cervello adulto. Usando l’analisi del trascrittoma e lo studio istologico, i ricercatori hanno generato un profilo combinato per l’identificazione in vivo e la caratterizzazione di questa subpopolazione di astrociti. Queste cellule presentano alcuni caratteri distintivi:

1)      sono particolarmente numerose nel V strato della corteccia cerebrale del topo;

2)      esprimono specifici marker molecolari, quali Norrin e LGR6 (leucine rich repeat-containing G-protein-coupled receptor 6) con corrispondenti ligandi specifici per strato corticale;

3)      si trovano nella corteccia cerebrale umana;

4)      modulano l’attività neuronica.

La proteina Norrin degli astrociti sembra regolare i dendriti e le loro spine; il suo deficit, come accade nella malattia di Norrie, contribuisce alla perdita delle spine dendritiche della corteccia.

Questa sperimentazione fornisce evidenze che sottotipi dell’astroglia murina e umana sono funzionalmente distinti, possono regolare lo sviluppo locale dei dendriti neuronici e delle spine sinaptiche, contribuendo alla patogenesi della malattia.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-06 aprile 2019

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Oltre alle numerose mutazioni di questo gene associate alla malattia di Norrie, sono state individuate mutazioni responsabili del vitreo primitivo iperplastico persistente, della vitreoretinopatia essudativa familiare e della retinopatia del prematuro. Il gene è testato anche per la malattia di Coats.

[2] Sita nella regione di Hovedstaden, è detta anche Elsinor, italianizzata in Elsinora. Gran parte dell’Amleto si svolge nel Castello di Elsinora.

[3] Norrie G., Causes of blindness in children: twenty-five years experience of Danish Institutes for the blind. Acta Ophtalmol. (Copenhagen) 5: 357-386, 1927.

[4] A questi tre tipi principali si devono aggiungere le NG2 o polidendrociti, le cellule della glia radiale, le cellule gliali dei gangli e, secondo alcuni autori, anche i periciti e le cellule di Schwann della mielina periferica.

[5] A questi si possono aggiungere il GABA, che non è un aminoacido (acido γ-aminobutirrico), la taurina, presente in alta densità nel cervello e in grado di attivare sia i recettori del GABA sia quelli della glicina (entrambi inibitori) e la D-serina, che è funzionalmente correlata con la glicina.